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- Il DOJ propone che Google ceda Chrome per ridurre il suo dominio nel mercato della ricerca.
- Google detiene una quota di mercato del 90% negli Stati Uniti, influenzando i prezzi degli annunci.
- La cessione avrà un impatto significativo su concorrenti come Microsoft e Apple, potenzialmente aprendo nuove opportunità.
Il Caso Antitrust Contro Google: Un Nuovo Capitolo
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha recentemente riaffermato la sua proposta di imporre a Google la vendita del suo browser Chrome, come parte di un rimedio finale in un caso antitrust di portata storica. Questa proposta, presentata venerdì pomeriggio, richiede che Google “ceda prontamente e completamente Chrome, insieme a qualsiasi asset o servizio necessario per completare con successo la cessione, a un acquirente approvato dai querelanti a loro esclusiva discrezione, soggetto ai termini che il tribunale e i querelanti approveranno.” Inoltre, Google dovrebbe cessare di pagare i partner per il trattamento preferenziale del suo motore di ricerca.
Il caso, avviato formalmente nel 2020, rappresenta il più significativo contenzioso antitrust nel settore tecnologico dai tempi della battaglia del DOJ contro Microsoft negli anni ’90. La causa sostiene che Google ha utilizzato tattiche anticoncorrenziali per proteggere il suo dominio nella ricerca e stipulare contratti che garantiscono che sia il motore di ricerca predefinito su browser web e smartphone. Con una quota di mercato del 90% negli Stati Uniti, Google ha la capacità di manipolare il sistema d’asta attraverso il quale vende annunci, aumentando i prezzi per gli inserzionisti e incrementando i suoi ricavi.
Le Proposte del Dipartimento di Giustizia
In risposta alla sentenza del giudice distrettuale Amit Mehta, che ha stabilito che Google mantiene un monopolio illegale sia nella ricerca generale che negli annunci di testo, il Dipartimento di Giustizia ha avanzato una serie di raccomandazioni per allentare la presa di Google sul mercato della ricerca negli Stati Uniti. Tra queste, la cessione di Chrome e la fine della partnership di ricerca con Apple, che riceve miliardi di dollari ogni anno affinché il browser Safari utilizzi Google come motore di ricerca predefinito.
Il DOJ ha anche proposto che Google debba fornire notifiche preventive di qualsiasi nuova joint venture, collaborazione o partnership con aziende concorrenti nella ricerca o negli annunci di testo. Tuttavia, la società non sarà più obbligata a cedere i suoi investimenti in intelligenza artificiale, che facevano parte di un insieme iniziale di raccomandazioni emesse dai querelanti lo scorso novembre.

Reazioni e Contromisure di Google
Google ha risposto alle proposte del DOJ con una controproposta presentata a dicembre, in cui la società si è detta disposta a ristrutturare i suoi contratti per consentire accordi di ricerca predefiniti multipli su diversi dispositivi. Inoltre, ha proposto di modificare la durata dei suoi accordi di condivisione dei ricavi di ricerca con i produttori di hardware a un anno, anziché bloccarli in accordi a lungo termine.
Kent Walker, presidente degli affari globali di Google e suo capo legale, ha definito la proposta di novembre un’agenda “radicale e interventista” che metterebbe a rischio la sicurezza e la privacy di milioni di americani e soffocherebbe l’innovazione. Walker ha sottolineato che l’approccio del DOJ rappresenterebbe un’intrusione governativa senza precedenti che danneggerebbe i consumatori, gli sviluppatori e le piccole imprese americane, mettendo a repentaglio la leadership economica e tecnologica globale degli Stati Uniti.
Conclusioni e Implicazioni Future
La battaglia legale tra il Dipartimento di Giustizia e Google rappresenta un punto di svolta nel panorama tecnologico globale. La richiesta di cessione di Chrome è solo l’inizio di un processo di appello che potrebbe durare anni. Tuttavia, il caso segna un precedente significativo nell’approccio degli Stati Uniti alla regolamentazione delle grandi aziende tecnologiche, con potenziali benefici per concorrenti come Microsoft e Apple.
Nel contesto dell’automazione e della trasformazione digitale, il caso Google evidenzia come il controllo di un’unica entità su un mercato possa limitare l’innovazione e la concorrenza. L’automazione, in questo caso, non riguarda solo la tecnologia, ma anche la capacità di un’azienda di automatizzare il controllo del mercato attraverso contratti esclusivi e pratiche anticoncorrenziali.
In un’ottica più avanzata, la scalabilità produttiva e la trasformazione digitale richiedono un ecosistema aperto e competitivo, dove le aziende possono innovare senza essere ostacolate da monopoli. La sfida è trovare un equilibrio tra regolamentazione e innovazione, garantendo che il mercato rimanga dinamico e accessibile a nuovi entranti. Questa situazione invita a riflettere su come le politiche antitrust possano evolvere per affrontare le sfide del XXI secolo, promuovendo un ambiente in cui la tecnologia possa prosperare a beneficio di tutti.